All’inizio degli anni Settanta Sergio Rodella, dopo gli studi all’accademia di Venezia, affrontava con decisione un percorso artistico che avrebbe fatto di lui uno scultore fortemente motivato e in grado di plasmare magnificamente un materiale difficile come il marmo.
Le sue prime opere si caratterizzano per l’essenzialità figurativa, per la ricerca di un linguaggio formale che nulla toglie al valore espressivo della scultura. L’artista si muoveva sotto la spinta di forti tensioni emotive, rivestite di sottili reminiscenze, tipiche della cultura italiana.
La forza plastica delle sculture di Michelangelo, il piacere manieristico della forma, la splendida capacità barocca di lavorare i materiali, la raffinatezza settecentesca della bellezza formale, entrano come background culturale nell’opera di Rodella.
Con la maturità le sue sculture si arricchiscono di una tensione equilibrata, di una energia mentale, che lo scultore riveste sontuosamente attraverso la preziosità di trattamento dei materiali. Rodella scava la materia, estrae da essa silenziose relazioni, intessute di significati, rivestite di bellezza. L’idea che genera le sue opere e la forma che realizza sono perfettamente integrate, perchè l’artista ha la magnifica capacità di rendere con immediatezza, sia pure dopo un tormentato periodo di elaborazione, ciò che la sua mente sa immaginare nel progetto.
L’opera è dunque per lui non il momento dell’attività pratica, scultorea, ma il momento della conoscenza globale di ciò che l’uomo è e di ciò che l’uomo come creatore, può realizzare con la propria arte. Il rifiuto dell’astrazione significa per Rodella desiderio di comunicare il suo forte mondo emotivo e concettuale ad un pubblico, che ritroverà nelle sue opere lo spirito della migliore scultura italiana.